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Carisma, Gestione del Patrimonio, Governance. Gli Enti Religiosi di Oggi e quelli di Domani – Prima Parte

2023-03-11 20:27

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Carisma, Gestione del Patrimonio, Governance. Gli Enti Religiosi di Oggi e quelli di Domani – Prima Parte

In un periodo in cui gli Enti Religiosi, per l’esercizio del proprio carisma sembrano a volte inadeguati a fornire risposte concrete alla società moderna, non riuscendo ad affrontare e vincere le sfide che il tempo pone, è necessario valutare possibili soluzioni e modelli organizzativi che potrebbero aiutare gli Enti Religiosi a gestire meglio i propri beni e ad operare davvero per il bene dell’intera comunità.


Si parte dal Carisma.


 Il carisma è una delle principali componenti della vita religiosa.


Si tratta dell’intendimento e dei progetti dei fondatori, sanciti dalla competente autorità della Chiesa, relativamente alla natura, al fine, allo spirito e all’indole dell’istituto.


E’ ciò che rende l’Ente Religioso unico e irripetibile.


In questo percorso l’Ente Religioso è prima di tutto chiamato a verificare se, il suo carisma, sia ancora adeguato alle necessità apostoliche della Chiesa o se il suo compito sia ormai stato portato a compimento.


L’analisi del carisma e la verifica della sua attualità è un aspetto importante da considerare nella vita di un Ente Religioso, in quanto permette di orientare le sue azioni e i suoi progetti verso gli obiettivi più opportuni.


Il carisma è una qualità che attrae i fedeli e li mette a proprio agio nella condivisione degli obiettivi dell'Ente Religioso. Essere fedeli al proprio carisma significa anche revisionare costantemente le proprie opere, per verificare se sono ancora coerenti con la visione e i valori fondazionali.


La preservazione del proprio carisma passa attraverso la tutela del proprio patrimonio, con la predisposizione di un piano strategico di riferimento a lungo termine coerente con gli obiettivi generali.


Pensare a un nuovo modello organizzativo per la gestione del patrimonio che vada bene per un Ente Religioso non è inutile, considerato il rischio concreto che la Chiesa e i suoi Enti –  nella loro accezione ampia, in quanto tutti esistono in forza di una volontà fondazionale in ordine a una missione, pur con le dovute differenze di ambito e ampiezza – smarriscano o mettano in secondo piano il loro carisma, dedicandosi in prevalenza ad attività diverse rispetto a quelle istituzionali di religione e di culto per le quali sono stati costituiti e che legittimano il mantenimento di un senso della loro esistenza nella Chiesa.


Non sono necessarie visioni profetiche per affermare che le opere necessitano di risorse adeguate che dovrebbero essere preferibilmente raccolte in fondo dedicato.


A tale riguardo appaiono molto opportuni i recenti suggerimenti – estendibili senz’altro a tutti gli Enti Religiosi – della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica che propongono l’obbligatorietà dell’introduzione del concetto di patrimonio stabile nelle Costituzioni o in altro atto di diritto proprio dell’Istituto, andando a colmare una lacuna abbastanza evidente nel Codice di Diritto Canonico. (CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETA’ DI VITA APOSTOLICA, Lettera Circolare Linee orientative per la gestione di beni negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica).


Questa revisione del patrimonio, che dovrebbe anche condurre all’identificazione di un fondo di dotazione – che non può essere intaccato e coincide con il “patrimonio stabile” – distinto da un fondo di gestione – ossia l’ammontare delle risorse che è possibile dedicare alla gestione senza intaccare il patrimonio -, avrebbe più di una conseguenza positiva per gli Enti Religiosi.


L’Ente Religioso deve fare la sua analisi con lo scopo di sperimentare se ci sono criteri predefiniti per la definizione del patrimonio stabile.


L'analisi dovrà essere basata sulla natura, la quantità e la dinamica dei beni anche perché si è constatato che il patrimonio stabile non è immodificabile e può subire trasformazioni in relazione alla sua finalità.


Ma ogni patrimonio costituito per i più nobili fini di sostentamento delle opere carismatiche, necessita di essere adeguatamente gestito.


Qui si evidenzia un altro serio limite degli Enti Religiosi che riguarda proprio la loro governance.


Si condivide, infatti, l’idea di quanti sostengono che l’efficienza e l’efficacia nello svolgimento della missione da parte degli Enti Religiosi incontrano limiti pesanti in quella che oggi è la loro idea di governo, probabilmente sufficiente per la gestione delle attività istituzionali, (quelle di religione di culto), ma spesso non adeguata ad attività complesse, come quelle educative (in particolare la gestione diretta di collegi e scuole), ovvero assistenziali e socio-sanitarie.


In generale, la governance di un Ente Religioso può variare a seconda delle norme e delle tradizioni specifiche dell’Ente Religioso in questione.


Tuttavia, è vero la Chiesa e le organizzazioni religiose purtroppo non delimitano una distinzione formale tra organi di indirizzo strategico, gestione e controllo come si può trovare in molte imprese.


Ciò non significa che non ci sia alcuna separazione tra queste funzioni, ma che spesso la responsabilità di queste attività è affidata a un unico organo o addirittura ad una sola persona.


Come è stato sottolineato, attività complesse, come quelle che sono state indicate, possono richiedere una maggiore separazione delle funzioni e la creazione di organi distinti per l'indirizzo strategico, la gestione e il controllo.


Questa situazione, ormai strutturale, si viene a creare innanzitutto a motivo della progressiva carenza di religiosi con le competenze per ricoprire il ruolo di amministratore e/o direttore in tempo e in luogo in cui la legislazione è spesso piena di tecnicismi schizofrenici.


Nel prossimo articolo proveremo ad analizzare alcuni modelli operativi che potrebbero essere utilizzati senza intaccare quella che è la natura religiosa degli Enti in parola.


Matteo Tarricone