La dismissione e il ricollocamento del patrimonio immobiliare dell’ente religioso è certamente un argomento molto attuale.
Gli Enti Religiosi spesso detengono consistenti patrimoni immobiliari. Tanto è dovuto alla necessità di avere lo spazio necessario per la gestione delle attività cultuali, istituzionali e commerciali.
Si immagini, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, alla gestione di Scuole Cattoliche, Enti Formativi, Ospedali, Residenze per Anziani.
Questo patrimonio si è formato nel tempo.
Ci sono voluti molti anni, a volte secoli. Si tratta di beni, infatti edificati in periodi diversi. In genere alcuni sono decisamente antichi. Altri risalgono tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Altri ancora subito dopo il dopoguerra, anni 50 e 60.
Alcuni di questi immobili sono storici e di importanza nazionale quindi giustamente protetti.
Ma la maggior parte di essi, costruiti intorno agli anni 50-60, possono oggi apparire sproporzionati, di qualità modesta, edificati con certo ottimismo riguardo alle attività svolte. Ma quello che poteva andare bene allora non vale più adesso.
Seppur pensati per le nobili finalità vocazionali, la loro costruzione non ha sempre seguito una logica di efficienza e di utilità economica.
Il quadro attuale è rappresentato da una carenza delle vocazioni, una volta i seminari erano veramente affollati. Oggi l’età media dei religiosi si è notevolmente abbassata. Nei migliori dei casi molte attività si sono ridotte quando non sono scomparse.
Ora è evidente che un Ente Religioso ha carisma e vocazione che sono molto più importanti della gestione del proprio patrimonio immobiliare. In secondo luogo, non bisogna dimenticare che, in passato, vi era una certa sovrabbondanza di risorse che consentivano valutazioni diverse.
Un tempo, non essendovi un vero problema, non si poteva parlare nemmeno di una sottovalutazione.
Ma oggi è diverso!
Quello che in precedenza poteva essere tollerato, oggi è diventato estremamente insidioso tanto da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza economica dell’Ente Religioso.
Basti citare la previsione del pagamento dell’IMU per molti beni degli Enti Religiosi che un tempo erano soggetti esenti dal pagamento dell’imposta.
E’ chiaro che gli Enti religiosi stiano ragionando su tutto quello che questa situazione comporta.
Ma in generale, pare che non sempre vi sia la reattività e la determinazione che la situazione di pericolo richiederebbe.
Le logiche di gestione che nel passato potevano essere tollerate, perché in sostanza ritenute scarsamente dannose, oggi, in tempi difficili ogni risorsa va’ impiegata nei migliori dei modi anche per riattualizzare l’esigenza caritativa – sociale del carisma proprio dell’Ente Religioso.
In questo contesto appare evidente che le scelte strategiche sulla gestione dei patrimoni diventino assolutamente improcrastinabili e, in taluni casi, coinvolgano direttamente la sopravvivenza di certe realtà.